Sono sempre troppo pochi i giorni che riesco a trascorrere ad Hombolo e non appena rientro in Italia mi assale una terribile nostalgia.
Mi chiedo come sia possibile affezionarsi in questo modo ad un luogo cosí triste e sconsolato come Hombolo.
Continuo a pensare che Maria Carla abbia una forza d’animo ed un coraggio assolutamente fuori dal comune: alzarsi tutte le mattine sapendo di trovare la fila davanti all’ambulatorio di persone che arrivano anche da decine di chilometri di distanza per farsi medicare dalla ‘donna bianca’ , trovarsi spesso e volentieri a dovere medicare dei bambini con ustioni gravissime e poi andare in giro per il villaggio, a visitare le povere famiglie che vivono nelle tipiche capanne gogo, che alla prima pioggia torrenziale vengono giú come carta velina!
Credo che ogni tanto debba avere l’impressione di lottare contro i mulini a vento.. ma poi ci sono i bambini, che con il loro sguardo ed il loro amore ripagano di qualsiasi fatica.
Come si fa a descrivere Hombolo senza averla vista di persona, è quasi impossibile potersela immaginare: una lunga strada polverosa che attraversa il paese con dei baracchini lungo il ciglio della strada dove le donne vendono pomodori, patate e qualche limone.
Negli ultimi tre anni il ‘centro’ di Hombolo è cambiato perchè il governo ha costruito a circa un chilometro dal paese una ‘scuola governativa’, dove vengono ospitati centinaia di studenti: il complesso della scuola è ultramoderno ed è in stridente contrasto con le povere capanne di fango con il tetto in paglia o lamiera; in qualche modo la costruzione della scuola ha portato ancora piú povertà, perchè molti abitanti, convinti di potere fare dei facili guadagni si sono indebitati fino al collo per costruire dei piccoli negozietti, ma nei mesi in cui la scuola è chiusa non guadagnano nulla.
Come descrivere la gioia che si prova quando si arriva all’asilo Nuru e si viene accolti da decine di bambini che iniziano ad urlare e ti si stringono addosso, perchè vogliono essere presi in braccio per ricevere una carezza ed un bacio; che ti toccano perchè vogliono capire che effetto fa toccare la pelle bianca e che ti chiamano ‘Maria Carla’ perchè sono convinti che tutte le donne bianche si chiamano Maria Carla?
Quanti ricordi indimenticabili ed impressi per sempre nella mia mente.. dico sempre che le mie foto piú belle sono quelle che io chiamo ‘le foto del cuore’ le foto che non ho fatto per pudore o scrupolo o perchè in quel momento non avevo la macchina fotografica a portata di mano…quanti ricordi, quante ‘foto del cuore’ che porteró per sempre con me…
– l’arrivo a Dar el Saalam, quando uscita dall’aeroporto guardandomi intorno per trovare Said (il taxista di fiducia di Maria Carla) mi sento chiamare a gran voce e voltandomi mi trovo davanti Maria Carla che mi ha fatto la grande sorpresa di essere venuta a prendermi fino a Dar el Saalam.
– la lunga chiacchierata che abbiamo fatto prima di addormentarci, parlando di mille cose con il rumore di centinaia di rospi in sottofondo.
– l’arrivo ad Hombolo, nemmeno il tempo di scaricare le valigie ed arriva una telefonata che avvisa Maria Carla che una bambina sta male, risaliamo subito in macchina per andarla a prendere e portarla all’ospedale di Hombolo…
– l’ospedale di Hombolo (se così lo vogliamo chiamare), con i pazienti abbandonati a se stessi perchè anche l’ infermiera di turno è andata a casa e quando qualcuno la va a chiamare si lamenta per essere stata disturbata
-l’arrivo all’asilo Nuru con i bambini che urlano e si stringono attorno a noi..
– il primo incontro con Happy, indimenticabile e di un intensità incredibile, quando la prendo in braccio si aggrappa al milo collo e mi stringe forte e non vuole piú scendere.
– Happy che ogni volta che mi vede mi manda baci…
– Frankie che quando vede il pallone che gli ho portato si illumina e lo stringe forte come se fosse un tesoro e superato la timidezza iniziale mi corre incontro appena arriviamo all’asilo
– Sahel, uno dei ragazzi adottati che quando gli chiedo cosa vorrebbe mi dice quasi vergognadosi: un pallone .
– l’anziana del Paese di Haneti che come segno di benvenuto mi dice che devo avere un nome swahili e mi ‘battezza’ con il nome di mwanvula (portatrice d’acqua)
– le corse con la moto (seduta sul sellino posteriore) in mezzo ai campi di granoturco e miglio per raggiungere le capanne piú lontane dalla strada
– lo sguardo dei bambini, indimenticabili, quando li prendi in braccio e li coccoli
– lo sguardo indifferente della mamma che siamo andati a chiamare perchè suo figlio si è rotto un braccio cadendo dallo scivolo e non gli ha nemmeno chiesto come stava.
Sono veramente tante i ricordi e le immagini che affiorano nella mente…
Una delle ultime sere, sedute in veranda ad ammirare il meraviglioso cielo stellato dell’Africa, Maria Carla mi ha chiesto se dopo il terzo viaggio le emozioni erano ancora intense come la prima e la voglia di tornare a trovarla fosse immutata!…
Cosa posso dire, le emozioni per me sono forse ancora piú intense, durante il primo viaggio si rimane tramortiti e completamente storditi da tutto quello che si vede, nei viaggi successivi ci si immerge totalmente in questa realtà e non ci sono foto o racconti che possano trasmettere ció che si prova.
Certamente non avrei mai pensato, tre anni fa, che Hombolo mi avrebbe cambiato cosi tanto …ormai fa parte di me ed occupa un posto molto speciale nel mio cuore e nella mia vita.