Il ritorno a Hombolo, dal diario di Elvira Benatti
dopo qualche giorno trascorso ad Iringa e nel Parco nazionale del Ruaha partiamo per Hombolo….
9/3/11: Hombolo
Eccomi di nuovo qui ad Hombolo, un paese povero, che non offre assolutamente nulla ma che ti entra nel cuore per sempre o per lo meno per me è stato cosi. Purtroppo anche quest’anno la stagione delle piogge sta finendo senza avere piovuto molto e quindi il raccolto sarà abbastanza povero. Nei campi si vede il miglio ma non è cresciuto bene, il granoturco idem e pochissimo girasole, per cui si presentano tempi ancora più duri del solito. Il frantoio non lavora ancora perché manca un pezzo, Mariacarla ha chiesto al Beppe se ci da un occhio per vedere se riesce a montarlo.
Ci svegliamo alle 7 e dopo colazione andiamo al frantoio dove c’è ‘l’ambulatorio della ‘mzungu’ (bianca). Maria e Mariacarla vengono qui tutte le mattine per fare le medicazioni di prima necessitá ed assistere chi ne ha bisogno.
Non ci sono molto persone e Mariacarla mi dice che stranamente durante la stagione delle piogge vengono meno persone. Anche al mulino non c’è molta gente, perché al momento c’è poco granoturco da macinare.
In meno di un’ora termina l’ambulatorio quindi prendiamo le biciclette (visto che siamo in due quest’anno dalla moto siamo passati alle biciclette) e ci avviamo verso il centro di Hombolo e quindi l’asilo Nuru. L’emozione nel rivedere tutto è ancora molto intensa e il cuore inizia a battermi forte man mano che ci avviciniamo all’asilo. Quando inizio a sentire le voci dei bambini l’emozione è alle stelle.
Veniamo accolti da tutti i bambini che vogliono abbracciare, essere presi in braccio e fotografati. ‘Take a picture’ è l’unica frase che sanno in inglese e quando gli facciamo rivedere le foto sul display si divertono tantissimo. Fanno a gara per essere presi in braccio e per ricevere un bacio o una carezza.
Conosco finalmente Frankie, il secondo bambino che ho adottato e Beppe incontra la sua Janet. Entrambi i bambini sono molto intimiditi e a malapena ci fanno un sorriso.
Passiamo diverse ore all’asilo, godendoci la compagnia dei bambini e facendo molte foto (e Beppe i video).
Ad un certo punto mi chiama Mariacarla e mi presenta quattro bambini, dicendomi di sceglierne uno/a per Alberto e Giovanna che hanno aderito al progetto di adozione a distanza poco prima della mia partenza, mentre gli altri tre vengono assegnati ad un’altra persona che ha confermato tre adozioni.
Scelgo Judith per i miei amici, mi colpisce subito il suo viso dolcissimo. Faccio le foto a tutti e quattro i bambini, cosi poi le passo a Mariacarla che le manderà via mail ai sostenitori del progetto, con una lettera nella quale spiega dove opera la sua associazione e da notizie del bambino e della famiglia.
Dopo viene consegnata la divisa dell’asilo e quindi prendiamo uno dei bambini, lo carichiamo sul dietro della moto di Maria, mentre Mariacarla, Beppe ed io gli seguiamo in bicicletta. Arriviamo alla povera casa dove vive e Mariacarla raccoglie informazioni sulla famiglia e gli consegna una prima fornitura di detersivo, sapone e la crema per la pelle, fornitura che gli verrà poi data tutti i mesi.
Andiamo a conoscere anche la famiglia del secondo bambino dato in adozione e quindi rientriamo all’asilo, un pó in affanno perché i bambini abitano abbastanza lontano e pedalare sotto il sole non è cosi semplice. Mi chiedo come facevano Mariacarla e Maria prima di avere la moto ed ancora prima di avere le biciclette, quando dovevano andare a piedi facendo chilometri e chilometri, sotto il sole oppure sotto la pioggia; la mia ammirazione nei confronti di Mariacarla, se possibile è ancora aumentata!
Al rientro all’asilo intravedo ancora Frankie che mi viene vicino e mi da la mano, l’emozione provata è indescrivibile! Andiamo poi a trovare la famiglia del terzo bambino adottato, passando dalla scuola primaria dove incontriamo e conosciamo Evelina, la bambina che ho adottato insieme a tutto lo staff di Mondomaldive. Anche lei è molto intimidita ma comunque si fa abbracciare e fotografare.
Dopo essere stati a casa del terzo bambino adottato rientriamo in asilo, stiamo ancora un pó con i bambini e quindi riprendiamo le bici per rientrare a casa, ma prima di pedalare fino a casa di Mariacarla, ci fermiamo a bere un ottimo succo fresco e ci mangiamo un paio di dolci a testa.
Arriviamo a casa (io per la verità abbastanza in affanno) e ci accoglie Teresa, che ha già preparato il tavolo. Mangiamo un pó di frutta e verdura e dopo un buon caffè ci accorgiamo che sono già le tre passate.
Andiamo al mulino e come promesso ieri, Beppe si mette a lavare il pick up di Mariacarla, che dopo i 250 km di sterrato di ieri invece di essere bianca è diventata marrone. L’operazione in teoria abbastanza semplice, si rivela un pó più complicata del previsto perché la canna continua a staccarsi ed alla fine Beppe è completamente lavato perché c’è una perdita nella canna! Mentre Beppe si ‘diletta’ a lavare la macchina, noi tre donne andiamo alla messa alle quattro, visto che è il mercoledì delle ceneri.
All’uscita dalla funzione ci rendiamo conto di non avere lasciato le chiavi a Beppe che ci avrà dovuto aspettare sulla veranda per tutto questo tempo. Per farci perdonare andiamo a comprargli un paio di ciabatte e quando torniamo ci racconta che dopo avere lavato la macchina, si è accorto che la macchina si era impantanata e dopo averla messa nella rimessa (l’edificio del frantoio) si è accorto che tutta una fiancata si è di nuovo sporcata e quindi deve riprendere secchio e spugna e rilavarla. Ci facciamo delle gran risate e quindi riprendiamo la macchina per andare a trovare Janet e Evelina (la bambina adottata da Beppe e quella che abbiamo adottato insieme). Quando arriviamo da Janeth la bambina si rifiuta di farsi vedere e piange chiusa (ma forse è meglio dire urla) nella sua capanna. Poi la mamma riesce a convincerla ad uscire e consegniamo le bambole in pezza che abbiamo portato per le nostre bambine. Terminata la visita torniamo a casa e ci prepariamo per la cena, tutti molto stanchi ma felici delle intense emozioni vissute oggi.
Al termine della cena ci godiamo un buon caffè sotto un manto di stelle e personalmente ripensando alla giornata appena trascorsa. Come avevo già detto l’anno scorso, non si può certamente dire che Hombolo sia un posto piacevole dove venire, ma allo stesso tempo è un luogo che ti entra nel cuore e che ti ruba l’anima e ti cambia la vita e le sue prospettive.
10/3/11: Hombolo
Seconda giornata qui ad Hombolo anche se mi sembra di essere qui da molto più tempo, sarà che qui le emozioni sono in qualche modo amplificate! Ci svegliamo nuovamente alle 7, per essere alle 8 al frantoio, dove Mariacarla e Maria fanno l’ambulatorio quotidiano. Ora nell’edificio del frantoio hanno adibito un locale ad ufficio della TAIPO, dopo che nei mesi passati sono andati a rubare per l’ennesima volta nella missione, dove Mariacarla viveva fino a due anni fa e dove era rimasto l’ufficio dell’organizzazione.
Terminato l’ambulatorio prendiamo le nostre biciclette e pedaliamo verso l’asilo, la giornata sembra un pó meno calda di ieri, ma probabilmente è solo perché sono solo le nove del mattino. Oggi abbiamo preso i palloni che Beppe ha comprato per l’asilo e li portiamo nell’ufficio per non farli vedere subito ai bambini. Ci mettiamo a giocare un pó con loro ed anche oggi fanno a gara per farsi prendere in braccio e farsi dare un bacio.
Dopo un pó andiamo nell’ufficio e Beppe, sotto la nostra ‘supervisione’ gonfia i palloni. Finito il tutto, mentre Beppe filma la scena, Mariacarla, Maria ed io usciamo con i palloni in mano e li tiriamo ai bambini. Le urla di gioia dei bambini nel vedere i palloni è indescrivibile e naturalmente si mettono subito a giocare e a rincorrerli.
Dopo avere giocato un pó con loro prendiamo uno dei bambini nuovi adottati ed andiamo a casa sua per vedere dove vive ed avere notizie della famiglia.
Nel pomeriggio andiamo in un posto un pó lontano verso le montagne, Zapisa, dove vive un signore con le sue sei mogli ed uno stuolo di bambini: un vero e proprio clan. Dobbiamo aspettare parecchio tempo in compagnia delle donne che stanno preparando il mlenda, l’erba che viene mescolata alla polenta e che rappresenta spesso l’unico pasto per la gente di qui. Alcuni dei bambini sono sporchi da non crederci, in particolare uno più piccolo e pieno di mosche dovuto alla sporcizia che ha addosso.
Finalmente arriva il padrone con il quale Mariacarla si mette d’accordo per una sorpresa che ci sta organizzando per domenica. Torniamo verso casa sempre sulle strade da Camel Trophy ed in un attimo è già quasi buio. Mentre passiamo vicino al lago vediamo un bellissimo tramonto. Arrivati a casa ci facciamo una bella doccia e dopo cena Beppe , ci mettiamo a guardare un pó di foto di Mariacarla mentre lei ci racconta un pó di cose sulla sua vita qui ad Hombolo, alcune serie e tristi ma anche diversi aneddoti. Le prime foto che guardiamo sono quelle di diversi bambini, molti dei quali gravemente ustionati: ti si stringe il cuore a vedere le ferite. Purtroppo le ustioni sono all’ordine del giorno, visto che vivono in queste povere capanne il fuoco per cucinare viene fatto per terra e di sera o notte i bambini, ma spesso anche gli adulti passano sopra le braci. Moltissimi sia bambini che adulti hanno la pelle ricoperta di piaghe in seguito a delle vesciche che scoppiano e lasciano queste piaghe tremende.
Naturalmente le norme igieniche e sanitarie sono praticamente assenti, anche se Mariacarla cerca di fare il possibile per spiegare alle famiglie dei bambini dell’asilo e di quelli adottati, ma anche di chi si serve dell’ambulatorio di lavare i vestiti e di lavarsi, purtroppo con la maggior parte di loro è una battaglia persa. Si vedono i bambini che portano dei vestiti fino a quando, letteralmente, non cadono in brandelli.
11/3/11: Hombolo (Dodoma)
Inizia un altro giorno ad Hombolo. Sveglia come sempre alle sette e dopo la colazione andiamo a piedi (sono poi due passi) al frantoio per fare l’ambulatorio e terminate le medicazioni prendiamo la macchina e partiamo per Dodoma, la capitale della Tanzania, che si trova a circa 30 km da Hombolo di cui circa 25 km di sterrato.
La città rispecchia tutta la povertà di questa zona della Tanzania, in alcune zone le fogne sono state coperte, ma in altre parti della città sono ancora a cielo aperto. Ci si immerge in un mondo completamente diverso rispetto al nostro.
Quando si visita una realtà come questa bisogna entrare in un’ottica completamente diversa, non ragionare con la testa e le esperienze europee, ma tentare di capire in qualche modo questo mondo, dove ci sono persone che vivono per tutta la loro vita non solo in un paese come Hombolo, ma spesso, se vivono a qualche chilometro da Hombolo, magari vicino alle montagne, non vedono null’altro che il loro piccolo villaggio.
Quello che per noi sembra ovvio qui non lo è, usare determinati attrezzi che per noi sono all’ordine del giorno qui non lo sono! In questi ultimi mesi per esempio, a causa delle stagione delle piogge (che per altro sono venute a mancare proprio nel momento più importante per la crescita del raccolto) manca quasi quotidianamente la corrente per più ore se non per una giornata intera e ci si rende conto di quanto sia importante la corrente proprio in situazioni come queste, dove manca spesso e volentieri.
Arriviamo a Dodoma e la prima sosta è in un bar (chiamiamolo cosi) del centro dove ci fermiamo a fare una seconda colazione degustando i sambusa, bagia e chapati. Terminata la colazione iniziamo il giro per le commissioni da fare.
La prima sosta è alle poste e quella successiva è agli uffici della WFP (World Food Program) dove Mariacarla deve lasciare tutti i mesi un modulo debitamente compilato con il consumo esatto della fornitura annuale sovvenzionata dalla WFP. E’ il secondo anno che la TAIPO riceve il sostegno da parte della WFP e anche se non copre tutto il fabbisogno del cibo dell’asilo, grazie a questo progetto all’asilo sono passati in due anni da 110 a 210 iscritti e riescono a dare due pasti al giorno ai bambini (colazione e pranzo) ed una volta alla settimana anche la carne. La WFP passa la fornitura di mais, farina, fagioli e olio ( qualche volta anche piselli), mentre per la fornitura di riso ci pensa la TAIPO.
Visto che i bambini sono 40 in più rispetto all’anno scorso Mariacarla, anche se a malincuore, ha dovuto decidere di dare il riso ai bambini una volta la settimana anziché due, una volta viene data la carne e comunque in questo modo possono garantire colazione e pranzo per tutti i bambini, non prendendo questa decisione, avrebbero dovuto rifiutare alcuni bambini.
Proseguiamo il nostro giro fermandoci ad un internet point dove Mariacarla spedisce alcune mail alle famiglie dei bimbi adottati. Beppe ne approfitta per collegarsi al forum di Mondomaldive ed inviare dei saluti. Finito di inviare le mail proseguiamo per un negozio dove Mariacarla compra la fornitura di detersivo, saponi e quanto necessario per l’asilo. Di fronte c’è il mercato ortofrutticolo dove andiamo a comprare un pó di frutta e verdura. Usciti dal mercato torniamo al negozio per caricare sulla jeep la merce che Mariacarla ha comprato per l’asilo.
Dopo avere pranzanto andiamo al ‘mercato dell’abbigliamento’ dove si possono trovare sia vestiti nuovi che di seconda mano. Anche i vestiti e le scarpe usate, se scelte con un pó di cura sono in ottimo stato, e con pochi euro si comprano molti vestiti per i bambini adottati. E’ questo il motivo per cui, giustamente, Mariacarla continua a dire di non inviare vestiti dall’Italia ma denaro, perché con quello che si spende per un vestito in Italia, qui se ne comprano almeno cinque.
Beppe ed io facciamo spese per i ‘nostri’ bambini: io per John, Frankie ed Evelina e Beppe per Janeth. Fa molto caldo e siamo sempre alla ricerca dell’ombra! Mariacarla e Maria comprano anche diverse scarpe per gli studenti delle scuole primarie e secondarie. Terminato il giro al mercato ripartiamo per Hombolo dove arriviamo verso il tramonto, anche oggi piuttosto stanchi, dovuto soprattutto al caldo.
12/3/11: Hombolo
Oggi sveglia, come sempre, alle 7 per essere pronti per le 8 circa per andare ad accompagnare Mariacarla e Maria all’ambulatorio. In questo periodo non c’è moltissima gente e facciamo abbastanza presto.
Terminato l’ambulatorio Mariacarla e Maria si mettono a registrare le spese sostenute ieri e quindi andiamo in macchina all’asilo per scaricare i sacchi di detersivo, i saponi e tutto il resto. Prendiamo un pó di medicine da portare all’orfanotrofio delle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, che si trova vicino alla scuola primaria.
Solitamente il sabato le suore distribuiscono cibo per i più poveri (tra i poveri è proprio il caso di dire) che vengono segnalati dal capovillaggio. Veniamo accolti da una suora che ci permette di visitare la struttura: è tutto molto pulito ed in ordine, sembra una specie di oasi collocata in mezzo ad un paese povero.
Arriviamo dove ci sono i bambini che appena ci vedono intonano dei canti di benvenuto, proseguiamo poi all’interno della struttura per andare a vedere i neonati; sono totalmente sopraffatta dall’emozione e non riesco a trattenere le lacrime che scendono copiose. In particolare c’è un neonato gemello, che nonostante abbia quattro mesi è minuscolo, con un facchino scavato ma due occhietti vispi che ti seguono ovunque.
Nonostante il caldo i neonati sono vestiti con indumenti di cotone pesante ed avvolti in coperte di lana. Al momento all’orfanotrofio ci sono circa 50 bambini.
Proseguiamo nella visita ed andiamo in un’altra sezione dove troviamo alcune persone con handicap mentali e diverse persone anziane. Anche qui, come un pó ovunque, c’è la suddivisione tra uomini e donne, quindi andiamo anche dalla parte dove si trovano gli uomini. La visita dal punto di vista emoziotivo èmstato molto intenso che difficilmente dimenticheró!
All’uscita dell’orfanotrofio, troviamo alcune donne anziane che chiedono di essere aiutate perché hanno fame, visto che le suore oggi non hanno aperto. Dopo un pó di insistenza gli diciamo di seguirci e le compriamo un secchio di grano ciascuno (8000 ths).
Ci fermiamo poi a bere la spremuta di frutta e quindi riprendiamo la via di casa, facendo un giro nella parte di Hombolo dove hanno appena finito di costruire una Scuola Governativa che dovrebbe ospitare in tutto 5000 studenti.
Gli edifici della scuola stridono completamente con l’ambiente circostante, sembra quasi di essere in un piccolo quartiere residenziale, Mariacarla mi dice che è curiosa di vedere quanto durerà la pulizia ed il lustro degli edifici. Ci sono anche delle case del complesso governativo dove vediamo dei pannelli solari per la produzione di acqua calda; altro contrasto incredibile se si pensa che in quasi tutte le case di Hombolo non esiste nè corrente elettrica, nè tantomeno l’acqua corrente.
La prospettiva di tutti questi studenti ha fatto si che sorgessero moltissimi baracchini per la vendita di cibo ed infatti rispetto all’anno scorso la via ‘principale’ si è riempita. Molti si sono indebitati per acquistare locali da affittare agli studenti, visto che i dormitori della scuola non sono sufficienti.
La paura è che tutto questo nuovo movimento di gente, soprattutto giovani, porti, purtroppo ad una recrudescenza dell’AIDS che qui, come in molti paesi africani è un problema molto grave! A Dodoma, sovvenzionata da un’associazione italiana, è stato costruito il Villaggio della Speranza, dove vengono ospitati i bambini orfani di genitori morti di AIDS e sieropositivi. Questi bambini vivono in piccoli nuclei famigliari e frequentano la scuola, per altro integrata anche da studenti non sieropositivi. Naturalmente all’interno del villaggio c’è anche l’ospedale dove vengono curate le persone affette da AIDS.
Torniamo a casa per il pranzo, con l’intenzione di lavorare un pó al computer per aggiornare le schede di adozione e preparare le mail per le persone in Italia che hanno aderito al progetto.
Non essendoci collegamento internet Mariacarla le prepara a casa e le mette su una chiavetta in modo che quando va a Dodoma va all’internet point per spedirle. Il problema è che spesso all’internet point la chiavetta si infetta, ma non ci sono alternative per mantenere i contatti con le famiglie dei bambini adottati. Ad oggi, dal 2005 da quando è iniziato questo importante progetto per sostenere l’educazione dei bambini, le adozioni sono arrivate a quota 150, spero tanto di riuscire a coinvolgere ancora qualche altra persona in questo progetto veramente importante, oltre a quelli che generosamente hanno già aderito dopo il mio rientro dell’anno scorso.
L’impegno è duraturo nel tempo, almeno i primi 7 anni della scuola obbligatoria, poi se c’è qualche studente particolarmente bravo si continua con il sostegno anche nelle scuole secondare. L’impegno economico è veramente minimo: 200/250 euro all’anno, una piccola rinuncia per noi ma una grande opportunità per questi bambini. Voglio assolutamente continuare nell’impegno di aiutare, nel mio piccolo, il grande lavoro che da Mariacarla, continuando a parlarne con le persone che conosco e cercando di sensibilizzare e coinvolgere più persone possibili.
Lavoriamo un pó e quindi prendiamo la macchina per andare a trovare John e Frankie, i due bambini che sostengo io; John da 6 anni e Frankie dall’anno scorso. Quando arriviamo a casa di John la nonna ci viene incontro e ci abbraccia; dopo un pó arriva anche John ed è sempre un’emozione vederlo. Gli do la borsa con i vestiti che gli ho comprato a Dodoma ieri, ma la gioia è al culmine quando vede il pallone, penso che rimarrà indellebile nella mia mente la faccia di felicità totale che ha fatto il cuginetto di John quando ha visto il pallone; iniziano subito a giocarci.
Mariacarla chiede alla nonna di John se ci fa vedere come preparano la ghiaia, con un martello spezzando le pietre. Arrivano subito i bambini a farci vedere come si fa e lo fanno cosi bene che il sospetto è che i nonni lo facciano fare a loro questo lavoro.
Visto che è quasi il tramonto ci congediamo per andare a trovare il piccolo Frankie. E’ ancora molto intimidito, ma si fa prendere in braccio e quando vede il pallone lo tiene stretto a se senza più mollarlo. Torniamo a casa che è praticamente buio.
13/3/11: Hombolo
Oggi è domenica, ma ci svegliamo comunque alle sette per essere pronti per la messa delle otto. La messa dura due ore abbondanti ed in più il parroco fa un’omelia interminabile. Durante la messa va via la corrente e quindi sarà probabile che anche oggi saremo senza corrente fino a sera.
Terminata la funzione andiamo a vedere la vecchia casa e l’ufficio della TAIPO, che Mariacarla, dopo l’ennesimo furto ha abbandonato, lasciando tutto al parroco, che peró non la cura minimamente ed ora è in totale stato di abbandono; sento molta amarezza nella voce di Mariacarla e la posso capire. In effetti tutta la missione è trascurata e Mariacarla mi spiega che questo nuovo prete ( che c’è da due anni) non si dà da fare per nulla e pensa solo ad affittare le camere ai nuovi studenti.
Torniamo a casa e mentre Beppe va fare un giro in bicicletta, non potendo continuare il lavoro sul PC, vado in camera e mi metto a letto, visto che gli occhi oggi mi danno molto fastidio e quindi la cosa migliore per me è stare a letto con gli occhi chiusi.
Pranziamo e dopo il caffè andiamo a casa di Maria e Rosa ed insieme a loro a portare dei vestiti ad un bambino che avevo conosciuto l’anno scorso è che è rimasto orfano di madre perchè quest’ultima è stata uccisa a botte dal marito. Quando Mariacarla lo prende in braccio gli si aggrappa letteralmente al collo e si vede che cerca il suo calore. Ora vive con la sorella più grande e gli altri fratelli.
Purtroppo le percosse qui sono la ‘normalita’ sia nei confronti delle donne che dei bambini. Questi ultimi, anche in alcune scuole vengono picchiati; mi ha raccontato Mariacarla che all’inizio dell’anno scolastico uno dei bambini piccoli aveva paura di lei e continuava a chiederle ‘ma veramente non mi picchi?’.
Torniamo a casa per prendere la macchina ed andare da Zapita, per scoprire che sorpresa ci ha preparato Mariacarla. Mentre siamo in macchina Mariacarla e Maria iniziano una cantilena ‘abbiamo la gioia di avere con noi… abbiamo abbiamo la gioia di avere con noi Teresa… ciao ciao’, iniziamo a cantare anche noi e ci facciamo delle grandi risate, fino a quando arriviamo a destinazione e vediamo dei ragazzi che si stanno preparando per una danza, legandosi alle gambe dei campanelli.
Dopo un pó inizia uno spettacolo molto bello ed il capo del gruppo inizia un canto, dicendo in italiano ‘abbiamo la gioia…. ‘ ecco scoperta da dove arriva la cantilena intonata prima in macchina. Devo confessare che mi sono emozionata tantissimo quando ci hanno salutato ad uno ad uno, dandoci il benvenuto e ringraziandoci per gli aiuti che mandiamo ad Hombolo; non sono riuscita a trattenere le lacrime! Dopo il canto di saluto in italiano inizia la danza ed è veramente incredibile i movimenti che fanno sia gli uomini, ma soprattutto le donne con le spalle e la testa, quest’ultima sembra che si debba staccare da un momento all’altro dalla testa. Il gruppo si chiama Changamoto e ci diceva Mariacarla che vengo chiamati in tutta la Tanzania in occasione di feste importanti o manifestazioni. Dobbiamo proprio ringraziare Mariacarla per averci organizzato questo bel pomeriggio all’insegna del folclore locale della tribù dei Gogo, quella maggiormente presente nella zona di Hombolo.
Un’altra tradizione locale è la festa in occasione della circoncisione dei bambini maschi. Normalmente la si fa intorno agli 8/9 anni e il bambino viene accompagnato con canti e suoni di tamburi; quindi rimane chiuso in casa fino a quando la ferita non guarisce, una volta guarita si da una nuova festa con danze e suoni di tamburo per celebrare la guarigione. Nelle capanne gogo invece, per fare capire che in quella capanna ci vive un uomo (anche se momentaneamente assente), vengono appesi fuori arco e freccia. Purtroppo in alcune famiglie, soprattutto quelle dove le bambine vivono con le nonne, viene praticata la crudele ‘tradizione’ dell’infibulaziobe.
Terminata la cerimonia preparata in nostro onore, riprendiamo la via del rientro verso Hombolo. Arrivati ci fermiamo in ‘centro’ per berci una bibita e visto che è abbastanza tardi, Beppe ci invita tutti a cena fuori e mangiamo carne di maiale e patatine, per 5 persone alla folle cifra di 6500 Ths (pari a 3,25 Euro). Terminato di cenare ce ne torniamo a casa con ancora in mente il bellissimo pomeriggio trascorso insieme. Naturalmente arrivati a casa ci gustiamo il caffè in veranda ammirando il chiaro di luna ed il bellissimo cielo stellato di Hombolo!
14/3/11:Hombolo
Sveglia alle sette e come di ‘routine’, dopo colazione andiamo in ambulatorio: oggi c’è una lunga fila di ‘pazienti’ in attesa di Mariacarla e quindi l’ambulatorio finisce più tardi del solito.
Oggi abbiamo deciso che rimaniamo a mangiare in asilo e viene con noi anche Teresa. Arriviamo all’asilo e oggi dedichiamo un po’ di tempo a controllare le teste dei bambini: molti di loro, a causa del fatto che si lavano poco, hanno delle vere e proprie croste in testa e quindi li laviamo la testa con uno shampoo speciale e poi li mettiamo una crema sulle croste. I bambini delle scuole primarie si fermano a guardare “lo spettacolo” e ridono, ma ridono per poco, visto che controlliamo anche loro e ne “bracchiamo” alcuni per sottoporli allo stesso trattamento. Terminata “l’operazione shampoo”, facciamo asciugare per un po’ i bambini e quindi li sottoponiamo al trattamento “crema”!
Torniamo nel cortile dell’asilo e ci mettiamo a giocare con i bambini ad una specie di staffetta, la facciamo prima con i bimbi piccoli, poi con i mezzani e quindi con i grandi, divertendoci moltissimo, cercando di imbrogliare pur di vincere…un vero spasso, con i bambini che ridono di noi a più non posso. Alla fine di ogni gara poi c’è lo sberleffo da fare agli avversari: come basta veramente poco per fare divertire questi bambini. Penso a quando vedranno i giochi da esterno che Katia è riuscita a procurare: impazziranno dalla gioia!
Finita la “gara” MariaCarla ed io decidiamo di andare nel solito “baretto in centro” per berci il succo di mango, mentre Beppe e Teresa rimangono all’asilo. Arrivati ci beviamo il succo, anche se il colore mi sembra un po’ diverso dal solito, ma magari saranno i manghi più o meno maturi. Ritorniamo all’asilo e mangiamo insieme ai bambini un piatto di riso e fagioli (io per la verità mangio solamente il riso).
Mariacarla mi racconta che hanno dovuto fare venire gli ispettori della WFP perché tra i sacchi di fagioli che gli avevano consegnato la maggior parte era di fagioli praticamente andati a male e dopo il controllo, gli ispettori in effetti hanno deciso di sostituirli con una nuova fornitura. Oggi siamo stranamente spossate per cui chiediamo a Beppe se non ha voglia di tornare a casa (in bici) ed andare a prendere la jeep, perché penso proprio di non farcela a tornare a casa in bicicletta con questo caldo. Naturalmente ci fa il favore e quando torna, mettiamo le bici sul dietro della jeep e con Mariacarla e me dietro con le bici, per assicurarci che non le perdiamo per strada, ci fermiamo per lasciare la bicicletta di Mariacarla che si è bucata, in uno dei negozietti che sistemano le biciclette.
Arriviamo al frantoio e Mariacarla e Maria si mettono al lavoro continuare nella registrazione delle spese effettuate ieri per conto dell’associazione e registrare le donazioni che abbiamo portato Beppe ed io da parte di alcuni nostri amici. Ogni singolo euro viene registrato nei libri contabili e quello che mi da fiducia nell’immenso lavoro che fa Mariacarla è che ogni singolo centesimo raccolto finisce veramente ai bambini ed alle loro famiglie che ne hanno bisogno.
Il pomeriggio passa a controllare il bilancio del 2010, in modo da poterlo chiudere, riportarlo sulla pagina che abbiamo preparato l’altra sera sul computer, per poi poterlo stampare e consegnarlo agli uffici competenti. Purtroppo i conti non tornano e dopo un paio d’ore riproviamo a controllare tutte le voci per vedere se da qualche parte c’è stato un errore di trascrizione. Finalmente dopo un paio d’ore troviamo il bandolo della matassa e correggiamo l’errore di trascrizione e chiudiamo il bilancio.
Torniamo a casa, ma come al solito è andata via la corrente, speriamo che torni più tardi così possiamo finire il lavoro di contabilità. Nel frattempo è già arrivata l’ora di cena, mangiamo un po’ di frutta e verdura e visto che è tornata anche la corrente, possiamo, dopo cena, finire un paio di cose lasciate in sospeso al computer. Purtroppo incomincio a non sentirmi bene e mi vengono degli attacchi di dissenteria fortissimi; stessa cosa capita a MAriacarla: mi sa proprio che la causa è il succo di mango bevuto questa mattina! Non ci posso credere che domani sia già l’ultimo giorno qui ad Hombolo, penso che l’anno prossimo, se riuscirò a tornare, non andrò ad Iringa, anche se mi dispiace tantissimo non potere vedere i ragazzi, ma alla fine la “deviazione” per Iringa porta via tre giorni e già ne ho pochi da stare ad Hombolo.
Si, decisamente verrò per stare solo ad Hombolo con i meravigliosi bambini dell’asilo, e mi piacerebbe anche, compatibilmente con il rientro di Mariacarla in Italia, venire durante il nostro autunno, quando qui è la stagione secca, per vedere Hombolo quando non c’è il verde dei campi di granoturco e miglio, ma vedere Hombolo nella sua ‘veste’ ancora più desolata, come l’ho visto la prima volta nelle foto di Mariacarla, in qualche modo è tutto ancora più sconsolato e tragico, tutto secco, con i sentieri sabbiosi che portano alle povere capanne gogo!
15/03/11: Hombolo
E’ purtroppo è arrivato anche l’ultimo giorno qui ad Hombolo. Mi alzo con una malinconia e già un’infinta nostalgia nel cuore, non sono ancora partita eppure sento già la mancanza di Hombolo! Non è possibile spiegare veramente quello che si prova fino a quando non si viene qui, come fa un luogo così pieno di problemi, di tristezza e di desolazione a mancarti, eppure è così e spero tanto anche quest’anno, al mio rientro in Italia, di riuscire a convincere più persone possibili a donare, anche poco, a favore dell’associazione di Mariacarla e di potere coinvolgere ancora delle famiglie ad adottare un bambino a distanza.
Come dico sempre, cosa sono poi 200/250 euro per noi, un piccolissimo sacrificio che però può dare una speranza di vita migliori ai bambini che usufruiscono del sostegno a distanza.
Come sempre ci svegliamo alle 07 e dopo colazione andiamo all’ambulatorio, dove Mariacarla e Maria, come ogni giorno, prestano le cure, dove possibile alle persone che vengono qui, alcune di queste persone vengono addirittura dai villaggi delle montagne, che si trovano a decine di chilometri di distanza. Molte persone si rivolgono a Mariacarla perché quando vanno al presidio ospedaliero di Hombolo (che posso solo immaginare in che condizioni igeniche sia) e gli vengono prescritte delle medicine, non hanno i soldi per comprarle ed allora chiedono a Mariacarla di aiutarli dandogli dei soldi.
Terminato l’ambulatorio andiamo per l’ultima volta all’asilo, dove veniamo accolti, come sempre, con grande gioia e calore da parte dei bambini, che fanno a gara per essere presi in braccio e coccolati. Mariacarla ed io ricontrolliamo le teste di tutti i bambini e dove è il caso mettiamo la crema per sistemare le croste che si sono formate.
Per me è una grande gioia vedere come Frankie mi viene a cercare, anche se è molto timido e me lo strapazzo per bene, sapendo che non lo vedrò per almeno un anno.
Andiamo alla scuola primaria dove Mariacarla deve discutere di alcune cose con il preside in merito a dei ragazzi adottati a distanza.
Quando usciamo troviamo Evelina e la facciamo venire all’asilo, per mostrarle lo zaino ed i vestiti che abbiamo comprato per lei al mercato di Dodoma e dicendole di venirli a prendere quando avrà finito la scuola.
Purtroppo dobbiamo salutare i bambini dell’asilo e le maestre gli fanno uscire nel cortile per farci salutare; inutile dire che le lacrime scendono copiose!
Torniamo verso casa, preleviamo Richard, il guardiano diurno di MariaCarla e quindi andiamo in macchina a Ipala, per andare a ritirare dei libri alla scuola primaria di questo paesino. Anche qui gli alunni sono moltissimi, quasi 800 con 9 insegnanti in tutto: vengono fatti due turni al giorno perché altrimenti non c’è posto abbastanza nelle aule.
Purtroppo i libri non sono arrivati e quindi ce ne andiamo, facendoci guidare da Richard in mezzo ai campi, per andare a trovare la capanna gogo di un contadino che dovrebbe vendere un arco e delle frecce a Beppe. Quando arriviamo il capofamiglia non è a casa e ci dicono di tornare verso il tramonto, perché lui è l’unico che può decidere se e a quanto vendere il tutto. Torniamo a casa e tanto per cambiare, anche oggi è andata via la corrente per cui ne approfitto per preparare la valigia, cercando di tenere più spazio possibile libero per potere portare a casa gli oggetti e le ciabatte per l’associazione, che poi le rivende nei mercatini che fanno in Italia per raccogliere fondi. In un batter d’occhio è già pomeriggio inoltrato e per non dovere farci di nuovo a piedi tutto il tratto di strada fino alla casa del contadino, prendiamo le moto: e certamente non poteva mancare almeno un giro in moto quest’anno, seduta sul sellino posteriore (forse la ragione per cui l’anno scorso sono tornata a casa con la schiena completamente a pezzi e bloccata).
La moto di Maria la guida Beppe che “tenta” di stare dietro a Mariacarla che va come un fulmine; ad un certo punto riesce a superarci, ma dopo averci faccio lo sberleffo, prende una buca e perde lo zaino, con delle belle risate da parte mia e di Mariacarla. Non è facile guidare le moto nei sentieri in mezzo ai campi di granoturco e visto che ha piovuto molto poco, c’è già molta sabbia; non oso immaginare quando ci sarà la piena stagione secca, diventerà ancora più difficile guidare con le moto, ma certamente, rispetto ai primi anni quando Maria e Mariacarla dovevano fare tutto a piedi o in bicicletta è già un lusso potere girare con le moto.
Arriviamo alla capanna proprio all’imbrunire quando il capofamiglia rientra con le capre e le mucche e dopo qualche contrattazione Beppe entra in possesso dell’arco e delle frecce, oltre che di una bella lancia, il tutto ad un prezzo veramente ridicolo per i nostri parametri, ma per loro è una cifra importante (parliamo di 10/15 Euro in tutto, ma sono sicura che a Dar al mercato per i turisti la stessa merce viene venduta almeno al triplo del prezzo, e magari non sono nemmeno così belli).
Torniamo a casa che ormai è buio e non è assolutamente facile guidare, siamo fortunati perché c’è la luna che illumina un po’ la strada, ma posso immaginare che quando non c’è la luna il buio è proprio pesto. Nel frattempo Maria, per festeggiare insieme l’ultima sera, ci ha preparato il Pilau, un ottimo piatto a base di riso, carne e patate e questa spezia particolare che è il pilau. Dobbiamo mangiare al lume delle pile, perché la corrente non è ancora tornata, ma passiamo lo stesso insieme una bella serata! Terminata la cena ci godiamo il caffè sul portico ammirando il cielo stellato e ricordando le esperienze vissute durante questo breve, ma intensissimo viaggio.
16/03/11: Hombolo – Dar el Saalam – casa
Ci svegliamo più presto del solito, per essere a Dar abbastanza presto (ci vogliono circa 6/7 ore di macchina), così da permetterci di andare a comprare le ultime cose di artigianato da portare a casa.
Facciamo una piccola colazione e partiamo alle 6.30, salutando Teresa e con una malinconia infinita nel cuore. Fino al termine dello sterrato che da Hombolo porta a Dodoma guida Beppe, oltre non può non avendo la patente tanzaniana.
Quando arriviamo sulla statale asfaltata ormai è già chiaro e tra una chiacchiera e l’altra arriviamo, con una breve sosta per la colazione, a Dar verso le 13.30: c’è da dire che Mariacarla va come una scheggia, ora capisco perché spesso mi dice che l’ha fermata la polizia!
L’ingresso a Dar è intasato come ogni grande città; la prima sosta la facciamo in un moderno centro commerciale, dove Mariacarla deve comprare alcune cose per casa sua e quindi proseguiamo per Mwenge, il mercato dell’artigianato del legno, dove si trovano degli oggetti molto belli, per lo più intagliati dai Masai. A proposito dei Masai, mi sono spesso chiesta perché la gente è convinta che questa tribù sia originaria del Kenya, quando invece la terra Masai si trova proprio in Tanzania, mah!
Il clima qui a Dar è veramente insopportabile, un caldo umido che mi distrugge letteralmente, non potrei veramente mai stare qui a Dar per più di un giorno! Terminato di comprare gli oggetti proseguiamo per lo Sleepaway, un altro centro shopping, decisamente più turistico, propria in riva al mare. Terminate le compere anche qui, facciamo una sosta per il pranzo (anche se ormai sono già le tre) in un buon ristorante italiano, dove Mariacarla si “gode” il piacere di mangiarsi un ottima pizza. L’ultima sosta la facciamo alla cooperativa dei Tingatinga, un laboratorio dove producono dei bellissimi disegni su tela.
Conosciamo anche l’artista che ha dipinto gli splendidi disegni dell’asilo e visto che non riesco a trovare la tela come quella che Mariacarla ha in casa, ci mettiamo d’accordo che me la dipingerà lui e me la porterà in Italia Mariacarla quando verrà a Natale a Cantù con i bambini (visti permettendo). Proseguiamo verso il Cefa, dove Mariacarla ha prenotato una stanza per se e Daniele (che arriva con il nostro aereo), sistemiamo le valigie con gli ultimi acquisti (e meno male che non siamo andati in altri posti, visto che il Beppe continuava a dire…questi sono le ultime cose che compro…e intanto continuava a comprare) e ci facciamo una bella doccia, per affrontare al meglio la lunga notte in aereo.
Non ci rimane moltissimo tempo per cui carichiamo armi e bagagli e partiamo verso l’aeroporto: il traffico di Dar è veramente allucinante e dopo un’ora abbondante, fortunatamente Mariacarla si accorge che abbiamo sbagliato strada (cosa non così difficile visto che, manca di nuovo la corrente e quindi le strade sono totalmente al buio e che non c’è un cartello che indichi l’aeroporto). Dopo avere sbagliato strada ancora una paio di volte, finalmente alle 20.40 arriviamo in aeroporto un po’ trafelati.
Purtroppo (o fortunatamente) non abbiamo troppo tempo per salutarci, e per me forse è meglio così perché a stento riesco a trattenere le lacrime quando abbraccio Mariacarla per salutarla.
Questa volta al controllo bagagli non mi fanno storie per le valigie piene di merce, ma costringono invece Beppe a imballare e spedire l’arco, anche se lui pensava di poterlo portare a bordo come bagaglio a mano. In aeroporto fa un caldo terrificante: non c’è l’aria condizionata e potrei già farmi una nuova doccia! Essendo arrivati in aeroporto non troppo in anticipo in un attimo è arrivato il momento di imbarcarci e salutare la Tanzania, per ora!