Hombolo…. 11-23 febbraio 2013
L’idea mi frulla nella testa da un po’ di tempo… ma io non sono in forma! la mia vita è cambiata e non sono ancora in grado di camminare da sola…un’amica mi suggerisce “se non stai bene in prima persona, non potrai mai aiutare gli altri”. Ha ragione e decido che forse un giorno arriverà il momento.
Passano i mesi e pian piano “zoppico” meno… Una serie di strane coincidenze si incastrano e penso che forse non si sono incastrate a caso… forse il momento è arrivato!
Il portellone dell’aereo si apre e anche un cieco può accorgersi di essere arrivato a Dar Es Salaam. Un caldo umido tale che ti fa incollare i vestiti addosso in pochi secondi… sono in Africa!
Finalmente incontro Maria Carla… ho letto le sue lettere, ho sentito parlare di lei da Elvira, l’ho vista in foto, ma ora le stringo la mano e le sorrido…
Dopo queste due settimane vissute con Maria Carla, posso solo dire che quella stima che già nutrivo nei suoi confronti si è radicata in me… mi sono chiesta mille e mille volte “ma come fa a far questo da 10 anni? Come può sopportare che ci sia un divario così grande tra l’occidente e il suo nuovo mondo… ”
Una sera in veranda le feci questa domanda… ma non mi rispose, si era addormentata sulla poltroncina, stanca era crollata dopo il caffè. Mi ha fatto molta tenerezza… ho sorriso e mi son messa a guardare le stelle, questo spettacolo che ti incanta ogni volta che alzi il naso all’insù.
Le giornate di Maria Carla sono piene, non sai mai cosa ti aspetta all’ambulatorio… una giornata iniziata tranquillamente si può trasformare in una corsa all’ospedale in macchina, in un bambino ustionato che piange mentre lei lo cura, in una mamma che viene a chiedere aiuto perché il bimbo è affetto da pellagra e ha fame…si potrebbe andare avanti descrivendo ciò che arriva all’ambulatorio, una stanza al fianco del frantoio, con un armadietto di legno, una scrivania e una seggiola. Maria Carla e Maria fanno ciò che possono e dove non sono in grado di arrivare, si rivolgono ai medici…
La risposta a quella domanda l’ho capita da sola… i sorrisi dei bambini, la voce rotta dalla commozione di una mamma che ti ringrazia per averle regalato un sacco di farina e ad occhi abbassati si allontana con i suoi 25 kg di farina sulla testa, sollevata perché sa che per un altro mese riuscirà a mangiare. Le voci dei bimbi che chiamano “maia callaaaa” quando passa in macchina… la gioia di addormentarti sapendo che un’altra giornata l’hai vissuta sapendo di aver fatto qualcosa per questo popolo dimenticato da Dio… e non l’hai buttata davanti alla tv a rimpinguarti di patatine fritte aspettando faccia sera per andare a dormire.
Dico dimenticato da Dio perché sembrava una maledizione… si vedevano lampi e nuvoloni carichi d’acqua all’orizzonte… si avvicinavano… ma non facevano nulla… se ci spostavamo vedevamo che era piovuto altrove, ma al ritorno a casa non c’era altro che terra secca, secca, secca! A Hombolo non vuol piovere! La stagione delle piogge sta quasi finendo e se in questo ultimo mese non si deciderà a piovere saranno cavoli amari tra qualche mese ed ancora di più l’anno prossimo: non ci saranno le riserve di grano per la farina… non crescerà nemmeno l’erba selvatica di cui loro si nutrono… la paura di un bis della carestia del 2006 spaventa… spaventa perché già ora la gente inizia ad aver fame… 3 giorni fa ho sentito Maria Carla via skype e mi ha confessato di aver pianto quella mattina. Una mamma era arrivata da lei con il suo bimbo, un bimbo che fino all’anno scorso era all’asilo e ora è in prima elementare. Quella mattina non era andato a scuola perché aveva fame, erano alcuni giorni che non mangiavano, non avevano più nulla… le hanno chiesto aiuto.
Ma non è assistenzialismo quello che Maria Carla vuole fare a Hombolo… ha messo in piedi un frantoio, un mulino, un pozzo, un asilo, con il trattore che sono riusciti a farsi arrivare dall’Italia possono coltivare i campi… in queste strutture ci lavorano padri e madri hombolesi… che hanno imparato un mestiere e che potranno insegnare poi ai loro figli… cerca di mandare a scuola questi bimbi per imparare una professione, ma per questo servono soldi e le adozioni a distanza sono una manna dal cielo… permettono a un ragazzo di studiare e formarsi… ho visto io M. Carla buttar giù una lista di attrezzi per falegname da comprare per un ragazzo che ha finito la scuola e ora potrà iniziare a lavorare, ma gli serve tutto per iniziare…anche lei come noi è convinta che ci sia l’istruzione alla base di tutto!
Parlando una sera della sua esperienza, di come fosse iniziato tutto, mi disse che i primi tempi a Hombolo si guardava attorno e vedeva talmente tanti di quei bambini in giro a non far nulla o a seguire le bestie e si disse “perché non fare un asilo?”. Almeno all’asilo NURU i bimbi mangiano due volte al giorno (normalmente mangiano una volta al giorno, quando va bene, polenta e mlenda, un’erba selvatica che loro cucinano), iniziano ad avere un’educazione e imparano i preliminari, l’alfabeto, i numeri e anche qualche parolina in inglese. Infatti eravamo all’asilo e stavamo distribuendo le caramelle… tutti i bimbi in fila, come a fare la comunione in chiesa e quelli della classe prima a ringraziarmi dicendomi “asante” (swahili), invece quelli della classe dei grandi dicendomi “thank you”…. Erano così dolci e felici per una caramella… una semplice caramella.
Ma non li fai felici solo con le caramelle… basta un sorriso mentre li guardi, una carezza sulla guancia, un pizzicotto… solletico al pancino e scoppiano a ridere, scappano e tornano a cercarlo… un abbraccio. Ma se li prendi in braccio gli fai un regalo immenso… si aggrappano al tuo collo e sorridono… guardano gli amichetti e sorridono con occhi gioiosi… bambini che non conoscono la coccola, le parole dolci, un bacio sulla guacia… lessi la testimonianza di Daniele un giorno, concludeva il suo racconto dell’esperienza a Hombolo così: “Credo sia proprio questo il significato della frase di Pierino, giovane tanzaniano di Iringa, molto intelligente, durante una chiacchierata, una sera, con me e alcune ragazze italiane, e con cui voglio terminare: Voi bianchi siete importantissimi per noi perché ci amate più di quanto amiamo noi stessi. L’aiuto più grande che potete darci, che potete dare agli africani, è insegnarci ad amare”. Ed è vero… ho visto un bimbo… all’asilo era gioioso, non si vergognava ad essere preso in braccio, anzi cercava la coccola… siamo andati a casa sua a portargli dei vestitini e un pallone ed era diverso, si vergognava, era timido e sembrava disturbato dalla nostra presenza… abbiamo pensato al perché di questo atteggiamento. L’unica variante era che a casa sua c’era il padre e i vicini adulti… quasi sicuramente il bambino si vergognava di loro, di ricevere una coccola da noi in presenza degli adulti. Il giorno dopo all’asilo l’ho rivisto “normale”… ci è corso incontro e ha chiesto di essere preso in braccio.
Un giorno di ritorno da Dodoma, vicino a casa, una bimba è corsa incontro a Maria Carla e le ha chiesto “prendimi all’asilo Maia Calla”. È la figlia di una ragazza che si è presentata all’ambulatorio qualche mese fa con un dolore al seno… il seno era duro come un sasso, ma ancora la donna stava allattando un piccolino… sarebbe morta di lì a poco per tumore al seno. Ora la bimba dal nome Janeth, vive con la nonna in una tipica capanna gogo, il fratellino se lo è portato via il padre o chi si definisce padre… l’asilo è distante dalla sua capanna circa 4 km… ho deciso di adottarla a distanza. Questa bimba ha 7 anni, potrebbe già andare ad una scuola primaria, ma non è mai stata in un’aula, non ha mai tenuto una penna in mano, non sa mangiare con le posate… prima di entrare in questo nuovo mondo ha bisogno di almeno un anno di asilo .
Mi sono resa conto che con questo aiuto, CHE MI COSTA BEN 68 CENTESIMI DI EURO AL GIORNO (meno di un caffè al giorno, cose da pazzi!), le ho cambiato la vita… ora Janeth va all’asilo, ha conosciuto degli amichetti, sa cosa significa andare sullo scivolo, saltare la corda, giocare con un pallone, scrivere, imparare le vocali, mangiare due volte al giorno, avere la possibilità di crescere come ogni bambino si merita… con 14-15€ al mercato a Dodoma le ho comprato abitini, magliettine, scarpe e ciabatte… le abbiamo regalato una bambola e il suo sorriso è stato un regalo enorme…a casa ora avrà farina per mangiare…
Quando le abbiamo portato i vestitini e le altre cose era un sorriso continuo… abbiamo sbagliato il numero delle scarpe, ma lei diceva che le andavano bene comunque, quando era evidente che il piede ci stava sacrificato… allora le abbiamo spiegato che a casa ne avevamo delle altre e che non si doveva preoccupare, poteva lasciare quelle ad un altro bambino e prenderne un paio della sua misura… il primo paio che le è andato bene era un sandalino di color bianco, tipo quelli per la Prima Comunione… se ne è innamorata. Ma come fa una bimba a fare tutti quei km a piedi per andare tutti i giorni all’asilo con un sandalino che ha una suola rigida e quasi inesistente? Allora le abbiamo fatto provare un sandalino di gomma, con gli strappi, le andava meglio ed era sicuramente più resistente e comodo. Ma lei aveva adocchiato gli altri… Allora Maria Carla se l’è presa vicino e le ha iniziato a spiegare che con quelli stava benissimo, erano belli, comodi, che ci poteva fare tante corse e che lei e Elvira li avevano identici, abbiamo iniziato a farle i complimenti e in un secondo è tornata a farci un sorrisone… beh la foto parla da sé.
Se penso che un sacco da 25 kg di farina costa 15 € mi sale la rabbia… cosa sono per noi 15€? 3 pacchetti di sigarette, un sacco da 3 kg di croccantini per il cane, una pizza e una bibita… un divario così grande nel 2013! ok vedi queste scene in tv, al tg, ma poi arriva la pubblicità, la Littizzetto, i nuovi mostri e ridi… ti dimentichi tutto perché, come ogni cosa non vissuta, non ti può segnare e entrar dentro… sembrerà una scemata, ma il lunedì dopo il mio rientro, ho acceso la tv e una semplice pubblicità di un gioco a quiz con montepremi 100.000 €, la prova del cuoco dove preparano cibo su cibo solo a scopi televisivi mi hanno irritato a tal punto da spegnere la tv… mi sono ritrovata sul divano, con il cane che mi dormiva sui piedi a pensare… a vergognarmi dei miei gioielli, delle voglie assurde che mi sono tolta, delle lamentele che mi accompagnano da una vita… guardavo il cane e mi rendevo conto che ha più lui di tutti quei bambini… lui ha sempre un nostro sorriso, una coccola, una ciotola di acqua fresca, cibo, giochi, una casa accogliente, una cuccia per non dormire scomodo…
Ogni giorno c’era un sorriso accompagnato da un magone in gola, generato da quella consapevolezza che il tuo gesto è solo una goccia in un mare… ma, come mi ha detto un amico, ci vogliono pur sempre le gocce per formare il mare…
E vorrei che tanti portassero la loro goccia a quel mare. Basta veramente poco… una donazione di 10-15 € e sai che una famiglia mangerà per un mese.
Alcuni amici mi hanno chiesto “ma siamo sicuri che poi i soldi vadano a buon fine?” beh hanno ragione… se ne vedono di ogni al giorno d’oggi… ma per quanto riguarda l’associazione C.L.U.P. ho visto io Maria Carla e Maria sedersi al tavolo ogni mattina e segnare gli ingressi e le uscite nel “librone”con scontrini alla mano, l’ho aiutata a sistemare il foglio excel per il bilancio di fine anno con tutte le voci… ho visto che i soldi M. Carla li spende per loro… non gli dà mai soldi in contanti (per paura che li sperperino per ubriacarsi), ma sempre sostanza… farina, abiti per i bambini, ciò di cui necessitano.
C’è il progetto di costruire una scuola primaria, e anche questa non sarà un’impresa facile…
Cosa ricorderò di questo viaggio… i sorrisi, gli occhi, le vocine che urlano “maia callaaaaa”, la mani dei bambini che vogliono arrampicarsi su di me, vogliono essere presi in braccio, le serate in veranda al buio a guardare le stelle, le risate con quelle due pazze che mi hanno fatto vivere una così forte esperienza e che non smetterò mai di ringraziare, Maria Carla che quando abbandona la statale e imbocca la strada sterrata per Hombolo spegne l’aria condizionata e apre i finestrini dell’auto, quasi a far entrare l’odore della terra, dei luoghi, di casa sua… fa caldo ma l’aria si infila tra i capelli e respiri la natura… I bambini malati che ho visto all’ambulatorio, ustionati, affamati… una bimba piangere perché vuole andare alla scuola elementare ma non ha i soldi per la divisa… si perché in un mondo in cui mangi a stento una volta al giorno non puoi andare a scuola se non hai la divisa, assurdità, incoerenze che irritano… irritano perché arrivi in una scuola e le maestre sono fuori all’ombra di una pianta a bere una bibita ghiacciata e a chiacchierarsela e i bambini in classe a non far nulla, ma visto il nostro arrivo, dopo i saluti si rialzano e entrano, ma per far rimettere composto un alunno che incuriosito ci guardava sulla porta, si usa un bastone… le parole di Maria Carla che mi racconta di un bambino che un giorno le chiese “ma è vero che a casa vostra prendete i cani e i gatti in casa e gli date ANCHE da mangiare?”, una giovane coppia che per ringraziarci della visita per vedere come stava il loro bimbo ustionato (2 anni, giocava con i fiammiferi e si è incendiato il materasso su cui stava) ci regalano una gallina, così ci facciamo circa 40 km con la gallina in macchina… i bambini che alle 7 del mattino vanno a scuola a piedi e passano davanti a casa… le distese di baobab ancora verdi… Maria Carla, Maria, Rosa, Anna…
Ritornare a Hombolo credo sia inevitabile ora… non so quando, molto probabilmente un luglio o agosto quando il lavoro me lo permetterà… vedrò un panorama diverso, secco, arido, i baobab senza foglie e miriadi di capanne che spunteranno dalla terra arida… ritroverò quegli odori, quei visi, quei saluti, quei sorrisi, quelle manine, quei tramonti, quella terra rossa, un’amica che mi aspetta a braccia aperte…
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